I quindicimila passi. Vitaliano Trevisan.
I quindicimila passi. Vitaliano Trevisan. Einaudi.
È la stroria di un tizio che vive a Vicenza. Per fuggire dalla solitudine e dal suicidio cammina. Cammina e conta i passi. Intanto riflette. Annota i passi. Riflette. Cammina nella foresta di roveri, foresta che vive nel suo immaginario. In realtà lo scenario è quello dei capannoni delle proprietà private venete esposte con cafoneria. Lui cammina e crede di non camminare in una delle strade, ma nell'unica strada che lega tutto il mondo dove milioni di veicoli persone si muovono per andare in tutti i posti, sempre lo stesso posto d'altronde. Strada fatta apposta per uccidere chi tenta di percorrerla a piedi e non a cavallo di qualsiasi mezzo. Poi ci sono gli animali morti, che realizzano strati di ere gologiche sull'asfalto. Gli uomini li tolgono quando muoiono sulla strada, gli animali restano e documentano l'evoluzione dello schiacciamento e incorporamento con l'asfalto. Sangue e asfalto. Un lucido rincorrersi di psichismi. Rimasto solo, dopo la scomparsa/morte della sorella, prima scomparsa poi ufficialmente morta. Cosa che lo porta a discernere il concetto di morte e scomparsa in due piani sovvrapposti. E poi il fratello di lui scomparso? Morto? Dopo la morte della sorella. una critica alla chiesa, una critica al Nordest, alla facolta di archittettura a Venezia, una critica all'informazione ecc. Tutto questo avviene durante una "passeggiata". Un viaggio nell'orrore reale della solitudine connessa alla morte.
Non vive a Vicenza, ma a Cavazzale, via Dante. A piedi un'ora abbondate da Vicenza
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