Aveva tutte quelle cicatrici.

Aveva tutte quelle cicatrici sulle mani e le dita avizzite, come prugne secche. Lei le guardava e rideva. C’è un cazzo da ridere, le diceva lui. Questo la faceva ridere ancora di più. Lui sbottava ancora qualcosa ma, poi, rinunciava. Lavorava per ore su quella macchina infernale, acciaio, acqua, ceramica e avanzi di cibo e sputi. Così le sue mani, al termine della serata, sembravano svuotate, succhiate da dentro, eppure gonfie. Le macchie di nicotina sulle dita, parevano galleggiare sulla pelle bianco/rosa sorridente. Nonostante tutto, non cercava nessuna scusa per andarsene. Del resto non aveva altro posto dove andare. Non c’è niente di più estraneo della propria casa, pensava. Quel pensiero lo faceva sentire meglio e quella macchina infernale pareva meno ostile e le sue mani meno peggiori di quel che erano in verità. Così si lasciava contagiare dalla risata della gallina divertita mentre fuori il sole splendeva nella notte e gli usignoli cantavano in pieno gennaio.
Va tutto bene, pensava.

Commenti

Posta un commento

Post più popolari