Tropico del cancro.


Invece eccolo lì in letto, ben rincalzato, con la sua solita aria stanca. Si sveglia, imprecando contro se stesso, contro il lavoro, contro la vita. Si sveglia profondamente seccato, disfatto, rattristato dal pensiero di non essere morto nottetempo.
Dà un'occhiata al tempo e trae un gran sospiro. Se piove dice: “Accidenti a questo clima del cazzo, ti butta giù. E se brilla il sole dice: “Accidenti a questo sole del cazzo, ti accieca!”. Comincia a farsi la barba, poi all'improvviso si ricorda che non c'è una salvietta pulita. “Accidenti a questo albergo del cazzo, son troppo taccagni, qui, per darti una salvietta pulita tutti i giorni!”. Qualunque cosa faccia, dovunque vada, mai una cosa che gli vada dritta. O è il paese del cazzo, o il lavoro del cazzo, o altrimenti è una qualunque fica del cazzo che lo ha messo di malumore.
Mentre si mette le sue robe, ricade in quello stato semicomatoso. Resta lì con un braccio nella manica della giacca ed il cappello alla di*bòia, e comincia a sognare ad alta voce: sogna la riviera, il sole, la vita senza lavoro.

Henry Miller – Tropico del cancro.

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